Carissima famiglia parrocchiale,
“nessuno è più cieco di chi non vuol vedere e nessuno è più cieco di chi presume di vedere”.
Nei giorni scorsi la comunità triggianese è stata colpita dalla scomparsa prematura di un ragazzo che ha deciso di porre fine alla sua vita e, contemporaneamente, dalla morte sul lavoro di un giovane papà, autotrasportatore.
Quella del ragazzo è l’ultima di una triste serie che in 4 anni ha mietuto 28 vittime solo a Triggiano. Quella del giovane papà è una delle ormai innumerevoli morti bianche in Italia.
Ci ritroviamo spesso a chiederci il perché di questi, come di altri drammi, e magari con tanta faciloneria, ergendoci a giudici di Tizio e Caio, si traggono false conclusioni.
Dobbiamo invece esser sinceri con noi stessi.
Meglio mettersi la benda agli occhi ed evitare di vedere, di andare oltre la punta del proprio naso. “Occhio non vede, cuore non duole”: questa è la vera filosofia di vita praticata da molti. Essa ci evita il fastidio d’interrogarci sui tanti perché, ci assopisce le coscienze, ci rinchiude in prigioni dorate. Quindi, anche se in misura diversa, siamo come Caino che nel Paradiso terrestre disse a Dio: “Sono forse io il guardiano di mio fratello?”. Per la nostra indifferenza e irresponsabilità quando avvengono certi drammi è giusto ammettere che siamo tutti imputati, forse colpevoli, e dunque bisognosi di perdono.
Allora o Signore fa che io veda gli occhi (specchio dell’anima) dei nostri giovani. Fa che io veda oltre l’apparenza, ora scanzonata e ora abulica, ora esagitata e ora mesta, dei loro atteggiamenti.
Un giorno Cristo incontrò un giovane che gli chiedeva della vita eterna.
Egli, “fissatolo, lo amò”. Ecco, Gesù c’insegna quello che innanzitutto va fatto, prima che detto. C’insegna che un rapporto vitale non può essere vissuto in modo virtuale o da lontano. C’insegna a soffermarci, prima che a parlare.
‘La relazione vitale è innanzitutto scoperta del volto. E’ uno “stare con” che si fa ascolto, accoglienza, prossimità. E’ imparare a “perdere più tempo” perché non è mai perso se donato, il tempo. Di quanti “perditempo per amore” avrebbe bisogno il nostro mondo’ (Messaggio Quaresima 2012).
Quel giovane del Vangelo cercava solo la felicità, proprio come i nostri ragazzi …
Allora o Signore fa che io veda che di lavoro, anche se poco o umile, si può vivere, ma purtroppo si può morire; che il lavoro non è l’unica né l’ultima ragione di vita; che ormai, come si evince dai seguenti dati, il lavoro non nobilita più, ma impoverisce.
In Italia la disoccupazione è al 11,1%; i giovani senza impiego il 36,5%; 500.000 i minorenni costretti a lavorare; 3 milioni le unità di lavoro irregolari (lavoro in nero); senza dimenticare infine, che abbiamo il triste primato del più alto numero di morti sul lavoro in Europa.
Se questo è lavoro, allora forse dovremmo rivedere un po’ il tutto per reimparare a vivere e a godere in pienezza specie l’amore familiare.
La Sacra Scrittura ci ammonisce severamente:
“Ti consiglio di comperare da me dell'oro purificato dal fuoco, per arricchirti; e delle vesti bianche per vestirti e perché non appaia la vergogna della tua nudità; e del collirio per ungerti gli occhi e vedere” (Apocalisse 3,18).
“Svegliati o tu che dormi, destati dai morti e Cristo t’illuminerà” (Efesini 5,14)
Allora o Signore ridestaci. Fa che io veda Te, Luce del mondo.
Questo Santo Natale sia un invito al risveglio dal torpore, dal dormiveglia: sonnolenza di chi è abbastanza sveglio da vedere e capire quello che dovrebbe fare, ma non tanto da decidersi a farlo; come chi al mattino sente il segnale della sveglia, sa che è ora di alzarsi, se lo ripete, ma indugia e ricade nel sonno. E' lo stato di chi tira avanti tra un debole proposito e un altro.
Solo alla Tua Luce vedremo la Luce e verremo alla Luce in questo Santo Natale.
Vi saluto con un pensiero del nostro amato don Tonino Bello che è anche un augurio per ciascuno di noi.
Ma non basta saper volare con Te, Signore.
Tu mi hai dato il compito di abbracciare anche il fratello e aiutarlo e volare.
Ti chiedo perdono, perciò, per tutte le ali che non ho aiutato a distendersi.
Non farmi più passare indifferente vicino al fratello che è rimasto con l’ala, l’unica ala,
inesorabilmente impigliata nella rete della miseria e della solitudine
e si è ormai persuaso di non essere più degno di volare con te.
Soprattutto per questo fratello sfortunato, dammi, o Signore, un’ala di riserva.
Auguri di un Santo Natale, vostro, don Salvatore |