REFERENDUM, UN PLEBISCITO: ORO AGLI ITALIANI. UNA MEDAGLIA DALLA DOPPIA FACCIA
di don Salvatore De Pascale
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E’ stata la vittoria dei lillipuziani. E’ stata la vittoria di tanti gruppi spontanei, della base, delle associazioni, dei movimenti, dei gruppi parrocchiali, dei giovani. E’ stata la vittoria di chi la politica non la fa dietro la scrivania, ma lungo le strade, tra la gente, servendola e ascoltandola. E’ stata la vittoria della democrazia (demos-cratia), del popolo sovrano.
Non è stata la vittoria dei partiti, né tanto meno di un raggruppamento partitico. Non la vittoria delle persone, dei giochi di palazzo e del potere costituito. Se qualcuno pensasse in tal senso starebbe solo vaneggiando, illudendo se stesso. Mi rendo conto della gravità delle mie affermazioni, ma oggi i partiti sono sempre più delegittimati e potrebbero ripartire seriamente solo prendendo umilmente atto di questo che è un dato incontrovertibile.
Penso al fatto che sono anni in cui la partecipazione dei votanti alle politiche diminuisce vertiginosamente; penso al fatto che questo 57% ha sfiorato il dato nazionale delle ultime politiche; penso al fatto che una qualsiasi altra votazione fatta col caldo torrido del 12 Giugno non avrebbe mai sortito tale risultato; penso al fatto che anche un noto rappresentante politico della nostra amata Puglia abbia scelto di tacere prima del 12 Giugno, consapevole che la sua parola in quanto “parte politica” avrebbe sortito effetto contrario.
Questi sono i dati di fatto su cui dovrebbero ragionare tutti i nostri rappresentanti politici, se avessero coscienza e non mero interesse di parte.
E guai se i nostri politici pensassero che questo risultato sia solo frutto di un’onda emozionale, dovuta agli avvenimenti di Fukushima.
I nostri rappresentanti invece devono seriamente chiedersi perché in 15 anni di proposte referendarie gli italiani hanno delegittimato le loro iniziative, sposando invece la tematica “acqua, bene comune”, sottoscritta in modo popolare da 1,5 milioni di firme senza l’appoggio di nessun schieramento. Alcune delle iniziative referendarie del passato, bocciate dal “non quorum”, erano certamente ispirate a principi nobili, ma comunque troppo legate a quella tale corrente o a quel tal’altro personaggio partitico. La palese disaffezione verso i partiti deve far riflettere tutte le componenti politiche sia della maggioranza, sia della minoranza.
Finalmente dopo tanti anni possiamo dire che a vincere non sono stati gli uomini Tizio, Caio o Sempronio, ma è stata l’acqua, il bene comune, l’ambiente, il creato, la giustizia, l’uguaglianza. L’ideologia è tornata a trionfare. Che bello!!!
Il popolo italiano ha detto che i principi, i valori, vengono prima delle persone, che la base deve tornare ad essere tale e che i suoi legittimi rappresentanti eletti, sono credibili solo in quanto ministri, cioè umili servitori, come si evince dallo stesso significato etimologico della parola “ministero”.
Bisogna inventarsi forme nuove di partecipazione popolare e di ascolto della voce della base. Le liste civiche sono, ad esempio, un tentativo in tal senso. Ma non dovrebbero fare questo maggiormente i partiti: intercettare i bisogni della collettività e rispondere ad essi?
Le convention partitiche, le grandi assemblee annuali potrebbero essere finalizzate a questo ma spesso sono solo occasioni auto-celebrative più che propositive, spesso si esauriscono in mere beghe tra le varie correnti, più che essere momenti di verifica e di rilancio.
La novità ultimissima delle “primarie” è una formula interessante di consultazione popolare, ma è ancora in germe, tra l’altro non condivisa da tutte le forze politiche e in certi casi anche non attuata fedelmente.
Ma questa tornata referendaria deve far riflettere non solo le nostre istituzioni ma anche ciascuno di noi in quanto cittadino.
Erano anni che non vi era una così larga e significativa adesione popolare. La nostra Italia “pallonara” ha scoperto che è possibile essere orgogliosamente nazionalisti (siamo tendenzialmente esterofili, non lo dimentichiamo) anche senza la vittoria a un mondiale di calcio.
Ma è solo il primo passo, il primo passo verso un nuovo percorso di democrazia. Non possiamo un giorno riconoscerci individualisti, depressi e disaffezionati alla cosa pubblica, perché auto referenziali in tutto (vedi indagine Censis sugli Italiani della prima settimana di Giugno) e poi riscoprirci il giorno dopo popolo che partecipa, che rinuncia al mare e al divertimento, che si preoccupa al bene comune; e poi, contraddicendoci ancora, la sera del 13 Giugno alzare lo share televisivo seguendo la trasmissione di turno che ci parla per l’ennesima volta del caso Misseri.
La verità è sempre nel mezzo.
Non eravamo completamente refrattari a tutto prima del 12 Giugno, non siamo solidali a tutto e a tutti dopo il 13 Giugno.
Al popolo della democrazia, fatto di associazioni, movimenti, gruppi spontanei, si richiede di fare successivi passi.
Il primo potrebbe essere quello di proporre una riflessione ai nostri parlamentari su quello che è un regolamento capestro, vecchio e desueto che obbliga gli italiani ad esprimere la partecipazione referendaria solo in modo abrogativo. Va fatta una sottoscrizione in cui s’imponga ai nostri governatori di varare un disegno legge che permetta agli italiani di votare per un referendum propositivo. Il popolo italiano è maturo per una partecipazione diretta alla vita pubblica.
Al popolo della democrazia è importante ricordare che è facile dire No a qualcosa (No al nucleare, No alla privatizzazione, No alla giustizia ad personam) ma è molto più difficile proporre e proporsi.
Al popolo della democrazia è importante ricordare soprattutto che la vittoria referendaria non deve essere solo di tipo politica, ma soprattutto etica.
Al No al nucleare deve corrispondere non solo una politica che miri alle energie rinnovabili, ma soprattutto un nuovo modello di vita basato sullo sviluppo sostenibile. Non possiamo essere così ingenui dal pensare che l’alternativa fotovoltaica o eolica o solare possa corrispondere al nostro fabbisogno energetico. Si tratta di scegliere uno stile di vita rispettoso dell’ambiente, del creato, prima che il “palloncino” meraviglioso della nostra amata terra rischi di scoppiare.
E, infine, su questo punto un’ultima domanda-provocazione: abbiamo detto No al nucleare, ma abbiamo detto Si alla salvaguardia del creato o alla nostra salute? Se il quesito referendario ci avesse chiesto di esprimerci sull’installazione di una centrale nucleare al Polo Nord saremmo accorsi così massicci al voto?
Al No alla privatizzazione di tutto, deve corrispondere uno stile di vita basato sulla cittadinanza attiva.
La svolta etica che rimetta al centro la dimensione pubblica, richiede la rinuncia all’”Io”, per dare spazio al “Noi”.
Siamo gelosi del bene comune (es. giardino comunale) come lo siamo per le nostre abitazioni private? Promuoviamo la piccola imprenditoria, i Gruppi di Acquisto Solidali”, il consumo non manipolato dalle multinazionali …?
Al No verso il legittimo impedimento da parte di coloro che sono le prime cariche istituzionali dello Stato, deve far seguito il riconoscimento dei nostri personali impedimenti.
Quanti tra noi, semplici cittadini, aventi un compito di responsabilità pubblica, s’impegnano a promuovere l’uguaglianza e non usano il proprio ruolo indebitamente?
Quanti privilegi, compromessi, raccomandazioni, quanti doppi e tripli turni lavorativi, sono di fatto un abuso, un’ingiustizia e sono alla stregua del legittimo impedimento cassato per le alte cariche istituzionali?
Il lavoro da fare è ancora tanto, ma da dopo il 13 Giugno 2011 la parola “speranza” non è più relegabile al solo contesto religioso, ma ha senso anche per il popolo italiano e per le nostre istituzioni, a patto che il nostro parlare, il nostro votare sia “Si, Si; No, No” e che si prenda pienamente coscienza che di passi ce ne sono ancora tanti da compiere.
Questo 150° Anniversario della nostra amata Italia possa essere segnato dalla rinascita delle nostre coscienze.
Viva l’Italia e Auguri a noi tutti.
Vostro, don Salvatore De Pascale
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16/06/2011 |
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