“Fratelli, aspirate ai carismi più grandi! E Io vi mostrerò una via migliore di tutte. Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. La carità non avrà mai fine” (1^ Corinti 13)
Carissima comunità parrocchiale, mi sento in dovere di affidare alle vostre coscienze questi miei pensieri perché ritengo fondamentale, a partire da essi, aprire un dialogo, magari nei giorni a venire o all’inizio del nuovo anno pastorale sull’urgenza, per il credente di oggi, di non stare più alla finestra a giudicare la città e il mondo, ma di starci dentro per servirla e promuoverla, dandole il suo piccolo contributo.
Mi sono lasciato ispirare dal versetto centrale del Vangelo della V domenica di Pasqua: “Io sono la via, la Verità e la Vita” per modularli in modo un po’ più organico. Vi chiedo scusa se forse questo scritto è un po’ lungo ma confido nella pazienza che mostrerete nel leggerlo comunque con calma.
LA VIA
Gesù ha sempre insegnato, chiamato e parlato, anche alle folle, lungo la via. Lungo il mare di Galilea ha compiuto tanti miracoli. I discepoli di Emmaus “lungo la Via” (Luca 24) lo riconobbero. E nel libro degli Atti degli Apostoli i cristiani vennero definiti “i seguaci della Via” (Atti 9,2) Il credente è un discepolo, è colui che segue la Via di Cristo. Dunque anche noi, oggi, come cristiani siamo chiamati a percorrere questa Via e a “educare alla Vita buona del Vangelo” (Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020). • La Via del Vangelo è la via della sobrietà. “Nella vita di tutti i giorni, la sobrietà passa attraverso piccole scelte. Si tratta però di saper rinunciare a qualcosa per poter accogliere altro(es. - individualismo + pluralismo; - privato + pubblico; - consumo + rinuncia; - artificiale + naturale; - usa e getta + conserva, ricicla, riutilizza …)” (Francesco Gesualdi). • La Via del Vangelo è la Via della minorità. I grandi sogni non sono mai accompagnati dai grandi consensi. I sognatori hanno sempre dovuto convivere con la logica della minorità e dell’emarginazione da parte dei pragmatici e dei realisti. “Volete andarvene anche voi?” disse Gesù ai discepoli dopo le tante defezioni riscontrate alla fine di un suo esigente e duro discorso (Giovanni 6,67). “E allora i credenti devono resistere alla tentazione del contarsi e/o del farsi contare. La fede, i principi, gli ideali, non si misurano quantitativamente. “La fede non è questione di numeri ma di grandezza d’animo (S. Ignazio di Antiochia)” (Enzo Bianchi, priore della comunità monastica di Bose, da un suo intervento alla Diocesi di Bari-Bitonto, dal titolo: “I laici nella società e chiesa di oggi”, Cattedrale di Bari, 27 Settembre 2010). Il credente più che mostrarsi tende a mostrare, a testimoniare. Gli ideali nascono prima di lui e muoiono dopo di lui. • La Via del Vangelo è la via della giustizia, della pace, della comunione. “… Ricostruire l’uomo vale infinitamente di più che costruirgli la casa. Che migliori la qualità della vita nelle vostre città. Mettete più spirito di sacrificio per arginare i guasti di tanto malessere, non con palliativi demagogici e superficiali, ma con investimenti seri, di tempo più che di soldi, di cervello più che di espedienti, di passione più che di calcolo.” “La pace che si disgiunga dalla giustizia è peggio della guerra” (don Tonino Bello) • La Via del Vangelo è la Via della croce. “Sin dolor non hay gloria”, cantano i pellegrini sulla via di Santiago, “Senza dolore non hai gloria”. “Piedi scalzi, sempre in viaggio, sulla strada polverosa”, cantava San Francesco. E’ la Via dei tempi lunghi, dello zaino da prendere ogni giorno sulle spalle per poi ripartire.
Coraggio allora, è tempo di metter la nostra faccia di credenti lungo questa via, se vogliamo dirci seguaci di Cristo.
LA VERITA’
Gandhi soleva dire: “Non ho nulla di nuovo da insegnare al mondo. La verità e la non violenza sono antiche come le montagne”. Dopo aver imboccato la via giusta, quella del Vangelo, è lecito chiedersi come non smarrirsi lungo la strada. La risposta ce la da ovviamente ancora Gesù con la sua seconda auto definizione: Io sono la Verità. Siamo chiamati da Cristo ad essere cercatori instancabili della Verità. La Verità deve essere la meta della nostra strada, mai perfettamente raggiungibile perché ci travalica, ma comunque la meta a cui tendere con tutte le nostre forze. Solo il perseguimento costante di essa ci potrà rendere veramente liberi. Liberi dalle ambiguità e connivenze, dalle mezze verità e dalle cose dette e non dette, liberi dalle logiche del “do ut des” (“Io do affinché tu dia”), liberi. "Il vostro parlare sia sì, sì, no, no” (Matteo 5.37). La Verità non cede al ricatto del successo ad ogni costo o del risultato prima di tutto. Non cede alla logica iniqua e conveniente de “il fine giustifica i mezzi”. Quante volte in nome di tale falso principio si mercifica l’essere umano, si legittima tutto, si diventa incapaci di distinguere il bene dal male, si vivono doppie esistenze. La Verità invece, ci rende liberi, forse anche un po’ poveri dal punto di vista del potere terreno, ma liberi. “L’appello ai liberi e forti”, come amava dire don Luigi Sturzo, è a tutt’oggi ancora attuale. I cercatori della Verità rifuggono dal pensiero debole, figlio delle emozioni. Non si accontentano mai del diletto dell’istinto, accettano la sfida faticosa del pensare. Non si ritengono appagati dal mordi e fuggi dell’impegno “part time” o dalle conquiste di piccolo cabotaggio di breve durata. Ma soprattutto i cercatori della Verità sono chiamati ad essere profeti. E se il profeta è “colui che parla a nome di …”, dunque non è padrone o possessore della Verità, egli deve solo mettersi in suo umile servizio. “La profezia è il coraggio della differenza. “Voi siete il sale, voi siete il lievito, voi siete la luce del mondo”. Al così fan tutti, Gesù risponde: “per voi però non sia così … “Ma chi vuol essere il primo si faccia ultimo e il servo di tutti”. La nostra deve essere una differenza alternativa, capace di veicolare dei messaggi in vista dell’umanizzazione della nostra società che è a rischio d’imbarbarimento. In sintesi per essere cristiani in questa società bisogna: - avere una concezione eversiva, anormale, che si stacchi rispetto alla norma vincente della polis; - avere principi irrinunciabili (es. l’accoglienza degli stranieri, la dignità di ogni essere vivente, l’opzione preferenziale per gli ultimi), non barattabili per nessuna cosa al mondo. (Enzo Bianchi).
Coraggio allora, è tempo di metter la nostra testa di credenti alla ricerca appassionata di questa Verità.
LA VITA
Viviamo o sopravviviamo? Se ci metteremo lungo la Via, alla ricerca costante della Verità, allora avrà senso il nostro vivere, allora gusteremo la nostra Vita. • Vivere come cristiani è non consumare tutto e tutti. “Bidoni aspiratutto, tubi digerenti a presa diretta: ecco a cosa vuole ridurci il consumismo. Abbiamo tollerato fin troppo l’insulto, ora dobbiamo ribellarci, gridare in faccia ai mercanti della vita che non siamo ammassi di carne, dobbiamo riaffermare la nostra dignità di persone. Non solo corpo, ma anche sfera affettiva, intellettuale, spirituale, sociale. Purtroppo consumismo e denaro si sono impadroniti di noi. Siamo nati, cresciuti, invecchiati nella logica consumista, liberarcene non è semplice. Un modo per riuscirci è fare piazza pulita di tutto, ricominciare da capo a partire dal linguaggio.” (Francesco Gesualdi) Attenti soprattutto a non consumare gli affetti. La logica “dell’usa e getta” è una tentazione che potrebbe attaccare anche le nostre relazioni umane, pensiamo ad esempio alle nuovissime forme di schiavitù lavorative. • Vivere come cristiani è avere tempo da offrire a servizio della città Vivere è amare. Si vive senza vivere se non siamo disposti un po’ a morire a noi stessi. “Se il tempo diventa lo spazio dell’amore”, come diceva don Tonino Bello, allora le possibilità per fare il bene diventano innumerevoli. L’importante è innanzitutto, come ci ricordava lo scorso Aprile il card. Ruini, “essere convinti e consapevoli che l’impegno a servizio del bene comune, sarà tanto più efficace e fecondo quanto più cercheranno i credenti di essere veramente e, vorrei dire semplicemente, cattolici”. • Vivere come cristiani è testimoniare uno stile di vita più umano. L’esempio e uno stile di vita modellato sul Vangelo, sono molto più eloquenti di tanti proclami vuoti e inconsistenti. Non è il bombardamento di notizie e informazioni, accompagnato da urla e strepiti (i media hanno trasformato il mondo in una pubblica piazza), la comunicazione vera. Il linguaggio più vitale è quello fatto di poche parole e molti fatti. “Gesù ha speso poche parole per dire il suo messaggio che si potrebbe sintetizzare in due battute: ‘Convertitevi e credete al Vangelo’. Gesù ha speso invece molte parole per spiegare lo stile di vita, di comportamento che deve avere il discepolo: siate poveri, umili, annunciate la pace, chi vuol essere il primo sia l’ultimo e il servo di tutti; non portate borse né bisacce, né due tuniche, non spegnete il lucignolo fumigante…” (Enzo Bianchi) Il credente deve distinguersi per la sua attenzione verso l’umanità. Per questo è obbligato ad essere vigilante, ad essere “sentinella del mattino per il nostro mondo”, come amava dire Giovanni Paolo II ai giovani di Tor Vergata. Questo ruolo non lo si svolge sino in fondo se, per esempio, “si eludono con malizia i sistemi di controllo, se non si pagano le tasse, se si disprezza il ‘merito’, se non si accoglie integralmente la vita” (Card. Bagnasco, presidente della CEI).
Coraggio, carissima e amata mia comunità parrocchiale, è tempo di metterci il cuore se vogliamo “rendere il nostro mondo un po’ migliore” (Baden Powell).
Triggiano, 22 Maggio 2011
Vostro affezionatissimo, don Salvatore
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