Carissima famiglia parrocchiale,
l’evangelista Marco dedica un intero capitolo, il quarto, a descrivere il Regno di Dio a partire dall’immagine del buon seminatore (Messaggio Pasqua 2012).
Immediatamente dopo, quando la moltitudine è ormai sazia della Divina Parola di Cristo, Gesù la congeda e ordina ai suoi discepoli d’imbarcarsi e dirigersi verso l’altra riva. Era ormai sera avanzata. Il mare era agitato perché soffiava un forte vento, e la barca veniva sbattuta con violenza dalle onde, poiché quel vento era contrario.
La Tradizione ha visto in questa barca l’immagine della Chiesa nel mondo, scossa lungo i secoli dalla tempesta delle persecuzioni, delle eresie, delle infedeltà.
“Quel vento”, scrive San Tommaso, “è figura delle tentazioni che la Chiesa subisce a causa delle mancanze d’amore”. “E’ quando l’amore si raffredda che aumentano le onde” , gli fa eco Sant’Agostino.
“Gesù se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che periamo?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?»” (Marco 4,35ss: La Tempesta Sedata).
Non dobbiamo stupirci dei marosi che subisce ancor oggi la nostra Madre Chiesa se fin dai primi tempi dovette affrontare persecuzioni dentro e fuori di essa.
E non dobbiamo tra l’altro meravigliarci se molti dei suoi figli in questi giorni, come in quella notte sul lago di Galilea, si sono sentiti venir meno perché abbandonati. Il Dio che pare dormire è invece li, accanto a ciascuno di noi, lascia a noi il governo della Sua barca, pronto a intervenire se il pericolo incombe e ci sovrasta.
Le parole del nostro papa emerito, Benedetto XVI, in occasione della sua ultima udienza a Roma dello scorso 27 Febbraio, sono profondamente rassicuranti. E’ opportuno ricordarle e farle nostre in questa Santa Pasqua.
“Durante il mio pontificato mi sono sentito come San Pietro con gli Apostoli nella barca sul lago di Galilea: il Signore ci ha donato tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è stata abbondante, ma vi sono stati anche momenti in cui le acque erano agitate ed il vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa e il Signore sembrava dormire. Ma ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è Sua. Cari amici! Dio guida la sua Chiesa, la sorregge sempre, anche e soprattutto nei momenti difficili. Non perdiamo mai questa visione di fede, che è l’unica vera visione del cammino della Chiesa e del mondo. Nel nostro cuore, nel cuore di ciascuno di voi, ci sia sempre la gioiosa certezza che il Signore ci è accanto, non ci abbandona, ci è vicino e ci avvolge con il suo amore. Grazie!".
Carissimi,
lungo il mare e sulla barca Gesù ancora c’interpella.
Attualissima in tal senso, secondo il mio parere, è la famosa parabola della Pesca Miracolosa di Luca al capitolo quinto.
“Un giorno vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e calate le reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano”.
Simone e i suoi amici erano provetti pescatori, avevano lavorato, ma invano.
Quanta contemporaneità in questa scena evangelica.
Quanti gli uomini e le donne di oggi miseramente schiacciati dal peso del lavoro, quante immeritate sconfitte.
Disperazione, rabbia, frustrazione, stessi i sentimenti …
E poi la tentazione di mollare tutto, farla finita, ieri come oggi …
Ma quel vecchio pescatore ci sconvolge perché vuol crederci ancora. Quanto amore per il suo lavoro ma anche quanta fiducia riposta in Cristo: “Sulla Tua Parola getterò le reti”.
E questo ci fa pensare ancora una volta alla barca della nostra amata Chiesa che in questi due millenni ha pescato e raccolto sicuramente tanto ma, che allo stesso tempo, ha visto le sue reti forse rompersi in certi momenti depauperandone tanta ricchezza umana e spirituale.
Il racconto di Giovanni al capitolo 21, che ascolteremo nell’ottava di Pasqua, ci presenterà lo stesso episodio della pesca, ma rivisto e corretto dal Risorto.
Medesimo è l’invito a calare le reti, ma stavolta dall’altra parte della barca, quasi a volerci invitare a cambiare prospettiva, strategia, azione pastorale. E le reti stavolta non si rompono affatto anche grazie al provvidenziale tuffo in acqua di Simon Pietro.
“Allora uscirono e salirono nuovamente sulla barca; ma in quella notte non presero nulla. Quando già era l'alba Gesù si presentò sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Egli disse loro: "Figlioli, non avete nulla da mangiare?". Gli risposero: "No". Allora disse loro: "Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete". La gettarono e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci.
Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: "È il Signore!". Simon Pietro appena udì che era il Signore, si cinse ai fianchi il camiciotto, poiché era spogliato, e si gettò in mare … e trasse a terra la rete piena di 153 grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò. Gesù disse loro: ‘Venite a mangiare’. E non osavano chiedergli chi fosse perché sapevano che era il Signore” (Giovanni 21,1ss: Apparizione del Risorto lungo il mare di Galilea).
Carissimi,
senza la sensibilità spirituale di Giovanni, il discepolo che Gesù amava, non avrebbero riconosciuto il Signore, ma senza l’audacia apostolica e il coraggioso vigore di Pietro non avrebbero avuto la forza di issare le reti. Questa è la chiesa: carismatica e forte allo stesso tempo. E ad essa, nel suo insieme, dobbiamo prestare fiducia.
Direbbe Paolo VI: “Apriamo si, la vela dell’anima al vento dello Spirito di Gesù che soffia dove vuole, libero e misterioso (Gv 3,8), ma non abbandoniamo il timone del Pescatore Apostolico che ci governa ancora oggi nei suoi successori” .
Carissimi,
“per chi crede, mille obiezioni non riescono a far sorgere un dubbio, così come mille prove non riescono a dare la certezza a colui che resiste. ‘Lo sposo, dice il Cantico dei Cantici, riconosce la sposa da una sola perla del suo collo’, ma l’abbruttito le chiede la carta d’identità” (Luis Evely). E’ tempo di avere fede, di issare le vele dello Spirito, certi che il timone della barca della chiesa, pur sballottolata da venti contrari, è sempre saldamente tra le mani di Cristo, certi che Egli non le farà mai mancare un timoniere forte e coraggioso.
Il“duc in altum”, l’invito a “prendere il largo” di Giovanni Paolo II, possa trovare in noi generosa accoglienza, per una chiesa pronta a veleggiare verso orizzonti sempre più sconfinati.
Preghiamo per il nuovo pontefice
e per una chiesa sempre più una, santa, cattolica e apostolica.
Auguri a noi tutti, vostro don Salvatore
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