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30 Ottobre 1927 - Il disastro ferroviario di Triggiano 1/2
Per non dimenticare un momento di storia triggianese, a 84 anni dall'incidente. Un grazie particolare all'amico Carlo Carrozzo per aver recuperato informazioni importanti, e solleticato in me la voglia di approfondire le ricerche.
di Ninni Castrovilli

Il Mausoleo nel Cimitero di Noci dove campeggia l'epigrafe TRIGGIANO 30 Ottobre 1927
IL DISASTRO DI TRIGGIANO - parte I - di Giulio Esposito

Quel treno trasportava a Bari le delegazioni cittadine in occasione del V anniversario della marcia su Roma. 9 furono i morti, tutti nocesi, e oltre 200 i feriti, di cui 145 nocesi.

Sono trascorsi oltre ottanta anni dacché Noci fu sconvolta da un evento tragico come il disastro ferroviario accaduto a Triggiano il 30 ottobre 1927.
Nove furono i morti e 145 i feriti che furono coinvolti nell’incidente.

L’evento non ebbe solo un rilievo locale, difatti anche la stampa nazionale ne diffuse la notizia. L’organo del regime, “Il popolo d’Italia”, dava, infatti, rilievo all’accaduto, mentre “La Gazzetta di Puglia” (non ancora “Gazzetta del Mezzogiorno”) iniziava presso i suoi lettori una sottoscrizione.
D’altra parte, lo stesso Mussolini, venuto a conoscenza del disastro, destinò una somma consistente ai feriti ed alle famiglie delle vittime.

L’intervento del Duce era dovuto al fatto che i viaggiatori del treno speciale LB, proveniente da Locorotondo erano diretti a Bari, dove si doveva celebrare, alla presenza delle autorità e di rappresentanze del PNF della provincia, il quinto anniversario della marcia su Roma.

Non merita neppure di essere sottolineato che la gran parte dei convenuti era animata più dalla voglia di “andare a Bari”, cioè di fare festa, che dalla volontà di celebrare il fascismo (oltretutto tra i feriti vi figuravano anche alcuni noti anarchici!).
Tanto più che, come annunciava il quotidiano “La Gazzetta di Puglia”, si prevedeva per quel giorno una temperatura mite ed un cielo sereno.

Sicché, data la grande affluenza di persone, l’azienda ferroviaria con l’accordo della Federazione Provinciale Fascista aveva preordinato il servizio straordinario dei treni.
Con le disposizioni impartite dall’azienda e comunicate alla Federazione ed ai Fasci locali, era stato fissato il numero massimo di passeggeri da trasportare da ciascuna stazione a Bari, ed in relazione a tale numero era stata determinata la composizione dei treni ordinari e speciali da effettuarsi sia per l’andata sia per il ritorno.

Per maggiore regolarità, fu disposta l’applicazione a ciascun veicolo di apposito cartello indicante il Fascio che in esso doveva prender posto.
E fatalità volle che i passeggeri nocesi prendessero posto nelle prime due carrozze (tra le 18 di cui era composto) del treno speciale LB, che, secondo i programmi, doveva lasciare la stazione di Noci alle ore 5,41.
Poco dopo, alle ore 7,14 con 15 minuti di ritardo, giungeva alla stazione di Triggiano il treno n. 2 composto di 24 veicoli, di cui 7 vetture e 17 carri.
Alle ore 7,20 giungeva nella stessa stazione il treno n. 13 proveniente da Bari, il cui incrocio con il treno 2 era stato spostato da Mungivacca a Triggiano.

Il treno n. 13, dopo aver effettuata la normale sosta fu fatto proseguire per Capurso, dove era stabilito l’incrocio con il nostro treno (lo speciale LB), mentre il treno 2, che avrebbe dovuto partire subito dopo l’arrivo del 13, continuò a sostare nella stazione.
Il motivo del prolungamento della sosta era da attribuirsi all’afflusso di un inaspettato numero di triggianesi (circa 500), che volevano giungere a Bari e che non trovavano modo di salire sulle carrozze del treno 2.
Secondo un dettagliato rapporto del Comandante della Legione Territoriale dell’Arma, Tenente Colonnello Mario Gori, inviato al Prefetto di Bari il 7 novembre 1927:
“Il segretario politico del fascio di Triggiano, Capo manipolo della M.V.S.N., avendo notato che tutti i suoi gregari non potevano prendere posto comodamente nel treno n. 2, chiese al Capo Stazione di Triggiano di far scartare due vetture dal treno n. 13 per aggiungerle a quello diretto a Bari.

Il Capo Stazione, però, vi si oppose, ed il treno n. 13 partì con regolarità per Capurso.

Rimasto in stazione il solo treno n. 2, il segretario politico si rivolse di nuovo al Capo Stazione, insistendo che facesse aggiungere al convoglio due carri che sostavano nei pressi dello scalo merci.

Il Capo Stazione aderì e la manovra relativa fu eseguita…

Contemporaneamente, per ordine ricevuto dal segretario politico, il Capo Squadra della M.V.S.N. Volpe Giuseppe, coadiuvato da atri militi, fece sgombrare l’ultima vettura del predetto treno perché riservato al Fascio di Triggiano, imponendo ai viaggiatori, anch’essi fascisti dei paesi vicini, di trovare posto altrove”.

La manovra di aggancio dei vagoni fu difficoltosa e fatta in parte a braccia, poiché il treno 2 era lungo circa m. 200 e, trovandosi in piena linea, impegnava la comunicazione con lo scalo merci.
A manovra effettuata la coda del treno venne però a trovarsi oltre lo scambio d’ingresso (lato Capurso), quasi in corrispondenza della vicina casa cantoniera.

Mentre il treno così formato attendeva che fossero saliti tutti i viaggiatori, sopraggiungeva, alle ore 7,41, con 6 minuti di ritardo, il treno LB.
Va precisato che il piazzale della stazione di Triggiano è preceduto da una curva di raggio di m. 500 e poiché la linea in questo tratto è “in trincea”, il macchinista del treno LB, Nicola Potere, non poté scorgere la coda del treno 2 se non quando fu giunto alla distanza di m. 150 dalla coda stessa, in prossimità del passaggio al livello.
Il macchinista dello speciale LB, dunque, appena accortosi della presenza del treno 2, fece azionare il freno ad aria ed il controvapore; ma non riuscì ad evitare l’impatto.
Secondo la relazione citata dell’Arma: ”Nel cozzo che ne seguì, la locomotiva del treno LB deragliò e mentre, per effetto del controvapore, la sua parte anteriore affondò nel terreno, quella posteriore si accavallò sul primo vagone retrostante, che sospinto dai rimanenti, rimase stritolato, con la sola copertura sospesa in alto.
Ed anche il secondo vagone fu fortemente danneggiato nella parte anteriore, che rimase sollevata, frantumata e contorta.

Del treno n. 2, mentre i due carri in coda, non completamente agganciati, subirono lievi danni, tre carri, che si trovavano quasi al centro del convoglio, nell’urto violento ricevuto dai due primi, si accavallarono e sfasciarono in gran parte.
Fra i rottami furono notati subito molti feriti e qualche morto. Però il soccorso non poté essere immediato da parte dei viaggiatori rimasti incolumi, poiché tutti coloro che si trovavano sul treno ed allo scalo, presi dal panico che la caldaia della locomotiva investitrice sarebbe scoppiata, si diedero a precipitosa fuga, dirigendosi in gran parte, per via ordinaria, verso i propri paesi per annunziare il disastro.
Il Maresciallo BIFFA Giovanni, l’appuntato FALSANISI Antonio ed il Carabiniere a piedi CALABRESE Cosimo, invece, che si trovavano in servizio a quello scalo per presenziare il passaggio dei treni, accorsero immediatamente e, coll’aiuto di tale CAMPOBASSO Michele, di Vito, erbivendolo, e di GIANNELLI Vito fu Giuseppe, falegname, ambedue da Triggiano, apprestarono le prime cure necessarie ai feriti, che vennero estratti, da loro stessi, dalle macerie e fatti accompagnare in paese all’Ospedale del dott. On./le Guaccero”.

Si lamentarono quindi nove morti, tutti nocesi (due dei quali perirono qualche giorno dopo in ospedale), mentre i feriti furono oltre 200. I più erano nocesi ma non mancarono anche tre baresi, uno di Alberobello, uno di Triggiano, uno di Cellamare, uno di Conversano, 5 di Rutigliano, 17 di Castellana e 38 di Noicattaro.
Il Colonnello Gori segnalava al Prefetto il contegno veramente encomiabile dei due cittadini triggianesi i quali, nonostante il grave pericolo cui potevano andare incontro per l’imminente scoppio della caldaia, si prodigarono, “per primi ed in modo meraviglioso”, nell’opera di salvataggio. E lo stesso Comandante Gori non dimenticava di menzionare “l’atto risoluto compiuto dal macchinista Potere”, perché, se questi non avesse manovrato prontamente i freni, il disastro avrebbe assunto ancora più gravi proporzioni.
Il macchinista, benché ferito all’addome, non volle abbandonare il treno e, quando fu prontamente soccorso da un milite dell’Arma, risalì sulla locomotiva per “aprire le valvole della caldaia onde evitare lo scoppio”.
Mentre si apprestavano i primi soccorsi fu avvertito telefonicamente il Comando dell’Arma, che prontamente inviò sul posto due camion di militi.
Anche dai paesi limitrofi di Noicattaro e di Capurso quei Comandi di Stazione si recarono immediatamente sul posto con tutti i militari disponibili. Lo stesso Comandante Gori, avvertito il Prefetto di Bari, Secondo Dezza, e le autorità militari, affinché provvedessero ai necessari soccorsi, si recò sul posto del disastro. Anche il Federale della provincia D’Addabbo, l’avv. Lembo, l’avv. Beltrani e il medico provinciale Campanella si precipitarono sul luogo del disastro e con essi due autorità nocesi, ossia il podestà Pulejo ed il centurione della Milizia Lapadula, che trovandosi già a Bari sfuggirono al tragico destino.

Almeno 90 feriti furono ricoverati all’ospedale di Triggiano, ove furono curati dallo stesso on. Guaccero, dal dr. Simonetti, dal prof. Leotta (rettore dell’Università), dal prof. col. Di Giacomo e dal prof. Gallerani. Anche degli studenti di medicina di nazionalità albanese, S. Tsaossis, S. Paulu e N. Pilos, accorsero dall’Università di Bari per offrire il loro generoso aiuto. Naturalmente la popolazione dei paesi limitrofi non mancò di ospitare per qualche ora e rinfrancare i passeggeri scampati al disastro. Altri feriti invece furono dirottati all’ospedale “Consorziale” di Bari e al “Di Venere” di Carbonara.
Frattanto la notizia raggiungeva anche le autorità convenute al corteo di Bari. In Piazza Prefettura si sfilò lo stesso per tre ore davanti all’on. Razza (dirigente della Federazione Nazionale Sindacati dell’Agricoltura) e al Podestà del capoluogo, Araldo Di Crollalanza.
Fu proprio Di Crollalanza che annunciò pubblicamente il disastro “invitando le masse ad un minuto di raccoglimento”.
Ulteriori festeggiamenti furono in ogni caso sospesi.
Nel luogo del disastro, dopo aver prestato i soccorsi, secondo il rapporto di Gori, “d’accordo con la Direzione delle Ferrovie, alle ore 11, fu formato un treno speciale, composto dalle vetture del treno LB non avariate e da una locomotiva che trovatasi ferma allo scalo di Capurso”.
Su questo convoglio, scortato dai militari dell’Arma, furono fatti salire diversi feriti, già medicati, per essere trasportati ai rispettivi paesi di residenza.
Nello stesso tempo, per aderire ad un ordine prefettizio, furono inviati a Noci 10 militi dell’Arma per rinforzare la tutela dell’ordine pubblico, segno che si temeva l’insorgere di qualche perturbamento. Verso le ore 16, la linea ferroviaria fu riattivata.
Già durante il soccorso fu parallelamente avviata l’inchiesta.
Ora, prima di proseguire vale la pena ricordare che tra tutte le indagini volte ad individuare la responsabilità del disastro, quelle di tipo ferroviario sono senza dubbio le più tortuose, così complesse da mettere in discussione lo stesso concetto di causalità, a cui si sostituisce quello di “condizione” che favorisce o che non impedisce l’incidente. E’ ovvio che l’interesse da parte della società ferroviaria consiste nell’addebitare il disastro all’errore umano dei suoi dipendenti e giammai ad ammettere tutta una serie di fattori (la progettazione, l’usura del materiale, la manutenzione dei materiali, i sistemi di sicurezza, lo sfruttamento della manodopera ecc.), che evidenziano ben altre responsabilità.
E sia detto per inciso, che la versione dell’errore umano, essendo la più semplice, è sempre quella che trova maggior accoglienza negli strati di pubblica opinione meno avvertita, che a sua volta ama adornare i fatti con una serie di dettagli fantasiosi, tesi ad accrescere ancor di più la responsabilità del personale delle ferrovie.

Segue parte 2
30/10/2011

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