Il Presidente Nazionale delle ACLI ha rilasciato qualche considerazione sul comportamento della Grecia, sui suoi leaders, sul referendum effettuato e su che tipo d’Europa auspichiamo.
«L'esito del referendum greco – commenta Gianni Bottalico, presidente nazionale delle Acli, mentre si sta ultimando lo scrutinio nel Paese ellenico - ha due grandi sconfitti. Il primo sconfitto è l'establishment tecnocratico e politico che ha reso irriconoscibile il progetto europeo delle origini, dando una priorità assoluta e insensata agli interessi della finanza internazionale, a scapito della dignità del lavoro e della democrazia. L'altro grande sconfitto è il blocco delle forze populiste e nazionaliste che cavalcando lo scontento diffuso per la crisi, rischiano di sfasciare l'Europa. Il voto greco dimostra invece che l'Europa è riformabile quando la sovranità torna al popolo sia a livello nazionale che a quello comunitario. La Grecia – prosegue Bottalico - non avrà risolto i suoi problemi ma l'esito della consultazione referendaria le conferisce adesso maggior forza contrattuale, ottenuta nonostante l'ignobile tentativo di condizionamento del voto messo in atto dalle istituzioni finanziarie europee con la riduzione della liquidità di emergenza delle banche greche, che costituisce un accanimento su pensionati e famiglie, fatto da chi nel contempo pompa senza interruzione quantità incomparabilmente superiori di liquidità nei bilanci degli istituti di credito europei. Il voto di oggi potrebbe essere ricordato come l'inizio del crollo dell'ultima dittatura rimasta in Europa, quella dell’attività finanziaria speculativa. Bisogna allora dare seguito a questa istanza di profondo cambiamento che arriva dai Paesi meridionali dell'Europa: oggi la Grecia, domani la Spagna, il Portogallo, l'Italia e la Francia. Nella politica italiana si sente ora un coro unanime di critica all'austerità. Ma saranno credibili solo coloro che faranno anche i fatti. Lo si capirà, ad esempio da come sarà articolata la legge di stabilità 2016, se conterrà, nel contempo, più investimenti per lavoro e sviluppo, più spesa sociale, con l'introduzione di una misura universale per la lotta alla povertà, minori tasse per lavoratori e famiglie e sui patrimoni immobiliari dei ceti medio bassi, in modo da innescare un circolo virtuoso che porti alla ripresa della domanda interna. Ciò naturalmente – conclude Bottalico - implica la determinazione politica di ridiscutere vincoli e trattati europei, di togliere immediatamente il pareggio di bilancio dalla Costituzione, non fermandosi al primo no di qualche euroburocrate, ma giungendo, se necessario, al ricorso al referendum anche in Italia»
Rammento che le ACLI, in sintonia con Papa Francesco, già da tempo hanno espresso molte perplessità e critiche sull'Europa "costruita a discapito dei popoli e sui valori negativi creati dalla realtà dei mercati finanziari e della speculazione che ha ridotto l’uomo a uno solo dei suoi bisogni: il consumo". Papa Francesco nella sua enciclica sociale parla di "antropocentrismo moderno" che attraverso il suo "paradigma tecnocratico" allontana l’uomo dai suoi rapporti reali con la natura e con gli altri. L’uomo vive una mentalità dell’ "usa e getta" non soltanto nei suoi rapporti con la natura ma anche nei suoi rapporti con le altre persone. Le forme classiche di questo "usa e getta" si concretizzano nella esclusione dei poveri, dei disoccupati e degli svantaggiati, dalla partecipazione politica, dal mancato riconoscimento dei diritti, in una parola della famiglia umana. Il Papa invita a riscoprire una nuova solidarietà. La mancanza di solidarietà, secondo Papa Francesco, si evidenzia nell'accelerazione dell’esclusione delle popolazioni dai processi mediatici, economici, lavorativi e politici. Per Papa Francesco l’attuale economia finanziaria è l’esempio emblematico della mancanza di creazione di reali valori. La reazione del popolo greco, secondo me, non dobbiamo leggerlo, come spesso i nuovi politici ed i media vogliono portarci a pensare, come la reazione di un popolo che vuole vivere al di sopra dei propri mezzi magari sfruttando le "ricchezze" di altri. Ricchezze che appartengono al popolo e che, invece, sono letteralmente "regalate" dai governi alle banche ed ai gruppi di potere che le gestiscono. Quanto avvenuto in Grecia, per me, va letto come l’espressione di una democrazia che viene dal basso e che è sempre meno sopportata dai politici a tutti i livelli (locali, nazionali ed europei) e con la quale bisogna fare i conti. Che i nostri rappresentanti, nominati dalle segreterie politiche, "non ci rappresentano" (le due camere e il governo) lo scopriamo ogni giorno nelle decisioni che assumono, molto spesso con la complicità dei media che non pubblicizzano quanto dovrebbero. La Camera ha approvato Il 'bail-in' (legge di delegazione europea con 270 voti favorevoli, 113 contrari e 22 astenuti) che prevede il salvataggio delle banche ad opera dei correntisti. Ovviamente si giustificano dicendo che la legge recepisce direttive e decisioni quadro della UE. Personalmente ritengo che molti governi europei, compreso il nostro, stanno sacrificando la partecipazione democratica delle comunità che governano giustificandolo con il falso valore di garantire la "governabilità" a tutti i costi. Comprendo che la realtà italiana prima viveva sulla "impossibilità" di decidere e riformare. Oggi, però, si è ricaduti nell'eccesso opposto delle decisioni prese da pochi (spesso da uno solo) che non ammette il confronto con gli altri. Emblematica ne è la cosiddetta "riforma sulla scuola" decisa dal governo senza un confronto reale con Sindacati, insegnanti, studenti e famiglie e che passa alle camere per accordi sottobanco fatti da "gruppi di potere" che attraversano trasversalmente maggioranza e opposizione. |