Le Associazioni : Confcommercio Triggiano

PERCHÉ IL «NO» AI NEGOZI APERTI DI DOMENICA (di Alessandro Ambrosi)

di Pino Lucatorto
Vi riporto una lettera del Presidente Confcommercio Bari al direttore della Gazzetta del Mezzogiorno
Caro direttore, da tempo ormai mi occupo di commercio e ancora da più tempo ne studio le regole e i comportamenti. E proprio per questo mi sono convinto sempre più che il settore debba godere della più ampia libertà d'azione. Eppure ho buone ragioni per continuare ad avanzare seri dubbi sulle aperture domenicale dei negozi, ancor più quando queste sfuggono, come qualcuno vorrebbe, a qualsiasi regola.

Ho imparato, con l'analisi eper personali esperienze professionali, che ogni decisione di politica economica deve tener conto di un bilancio complessivo fatto di costi da una parte, benefici dall'altra. Naturalmente anche per le domeniche shopping c'è chi, favorevole, ne omette gli svantaggi, chi invece è contrario «glissa» sui eventuali vantaggi.

La logica invece - ma soprattutto la necessità di tutelare una categoria la cui attività continua ad avere forti ripercussioni non solo sul tessuto economico di Bari, ma anche sociale e, perché no, culturale - impone ragionamenti obiettivi e razionali. E nel caso in questione il calcolo dei costi-benefici, viste le variabili in gioco, può risultare più complicato. Insomma se è certo che la democrazia e il liberismo portano ad organizzazioni spontanee e autonome della vita privata e pubblica, se le stesse vengono «calate dall’alto», imposte, alcuni le apprezzeranno, altri le subiranno e ne subiranno eventuali danni.

LE DIFFICOLTÀ DI «PICCOLI» E «GRANDI» -Noi che viviamo dal «di dentro» le aziende, possiamo tranquillamente paragonarle ad «esseri» viventi che crescono (e nel caso si moltiplicano e sviluppano) in un ambiente ben codificato. Si può cambiare, certo, ma occorre grande attenzione, soprattutto pianificazione. «Alzare le saracinesche» di domenica impone cambiamenti dello stile di vita, impone cambiamenti del nostro ambiente, della nostra società.

In particolare l’apertura domenicale giova certamente ai negozi di beni durevoli, per i qualil’acquisto, impegnativo da un punto di vista finanziario, richiede tempo, riflessioni, comparazioni, pianificazioni. E giova alle grandi superfici e con grandi assortimenti proprio per le capacità organizzative di tipo imprenditoriale. I «piccoli» possono subire ed essere addirittura danneggiati da scelte di questo tipo, per la impossibilità, la difficoltà, di programmare.

Ma anche per i grandi è proprio e sempre così conveniente? Per indurre il consumatore a dedicare il tempo libero delle giornate festive agli acquisti, lo si deve fortemente incentivare. E l’allungamento della settimana, in mancanza di un sensibile aumento nelle vendite, provoca senza dubbio un calo della produttività per il personale dipendente! Di conseguenza le aperture domenicali provocano necessariamente una riduzione delle quote di mercato dei piccoli che non si adeguano o che, il più delle volte, non riescono ad adeguarsi.

Né convince l'osservazione, «se tutti gli esercizi commerciali aderissero, nessuno sarebbe penalizzato…», a meno di non voler banalizzare una questione che banale non è. Aprire i nostri negozi, infatti, significa sopportare maggiori costi, tra salari, straordinari, sconti ecc., e in mancanza di risultati certi provocherebbe anche un proporzionale aumento dei prezzi. E non basta, perché per far fronte alla concorrenza sarà necessario usare più «lavoro precario», come del resto avviene in altri Paesi. E così si corre il rischio di «sconfinare» in un campo minato: le aperture domenicali hanno bisogno di una liberalizzazione ancora più radicale, quella del mercato del lavoro.

Ancora, dal punto di vista sociale le domeniche shopping, cambieranno lo stile di vita degli «addetti ai lavori» e ancor più dei cittadini: dovrebbero essere attivi gli ipermercati, rivitalizzati i centri storici, garantiti servizi come la sicurezza, l'apertura delle banche ecc. ecc. Ma allora non ci sarebbero quelle tanto auspicate «incentivazioni» rispetto agli altri giorni.

NECESSARIA UN’ORGANIZZAZIONE COLLETTIVA - Mi spiego: se i papà e le mamme lavorano, allora in casa occorreranno altri collaboratori regolarmente pagati. E i luoghi turistici di intrattenimento, se una parte della popolazione non potrà o non vorrà muoversi dalla città, che effetti subiranno? Per non parlare poi del traffico anche di domenica. Né si può sottacere, anzi è di rilevante importanza, il rispetto nei confronti di quanti dedicano propriole domeniche alla pratica della propria fede religiosa.

Certo al consumatore tutte queste considerazioni possono interessare poco. Ma per onestà intellettuale tutti noi non dobbiamo ignorare le problematiche che formano «l'altra faccia della medaglia»: le liberalizzazioni, se riguarderanno un solo settore produttivo, creeranno solo disagi.

La questione è molto più complessa di quel che sembra e noi della Confcommercio porteremo sempre avanti l’idea, la battaglia che le aperture domenicali dei negozi devono rappresentare l'eccezione. Insomma devono essere poche nell'arco dell'anno e mirate: ovvero sempre strettamente legate ad eventi concertati con il più alto numero possibile di attori protagonisti. Un discorso «globale», se è vero che proprio in questi giorni la «questione delle domeniche» assilla municipalità quali Berlino e Londra.

Se invece, come purtroppo spesso accade, si celano interessi personali/aziendali dietro annunci di principio senza minimamente considerare gli interessi collettivi, allora il nostro territorio continuerà in quella triste decadenza intrapresa ormai da un po’ di anni.
08/01/2010

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