Le Chiese : San Giuseppe Moscati

Santa Pasqua 2016 Anno Santo della Misericordia

di Don Salvatore Depascale

(Logo del Giubileo, opera del gesuita Padre Marko I. Rupnik)
“Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade,
piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze” - (Papa Francesco, Evangelii Gaudium)



Carissimi, ogni Comunità cristiana è chiamata a vivere questa missione.

Tale sogno di Chiesa, tante volte propostoci da Papa Francesco, risponde pienamente alla stessa vocazione del nostro Santo Medico Giuseppe Moscati.

Nella sua giovinezza, alla madre che gli rammentava la pesantezza della professione di medico, rispondeva risoluto che sarebbe stato pronto a coricarsi nel letto stesso del malato e, in età adulta, agli onori della cattedra universitaria, preferì quella della strada, andando incontro ai più bisognosi nei quartieri “spagnoli” di Napoli.

Vivere l’Anno Santo della Misericordia significa essere disposti a esporsi al santo contagio della “polvere” negli angoli più nascosti delle nostre periferie esistenziali, entrando nelle “vene della storia” (don Tonino Bello), non da spettatori, ma come diretti protagonisti del cambiamento.

“Un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò ad una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno” (Luca 10)

Il Buon Samaritano pensate che si sia preso del tempo prima di fermarsi? Ne abbia valutato l’opportunità o meno, o abbia considerato se dinanzi a sé aveva un malvivente, uno straniero, o chissà che?

“Caritas Christi urget nos” (l’Amore di Cristo ci sospinge), diceva San Paolo.

Questo ha fatto il Samaritano. Ha dato ascolto alla voce dello Spirito che nasceva dalle sue viscere.

E noi? Forse noi tutti, oltre a chiedere perdono in “pensieri, parole, opere, omissioni”, come facciamo in ogni Liturgia, dovremmo anche aggiungere perdono per la “durezza di cuore”, che è il contrario della compassione (dal latino cum patior: soffro con) e della misericordia (dal latino misereo e cordis: la miseria altrui tocca il nostro cuore).

“Amare” voce del verbo …
Mettersi in viaggio – Passare accanto – Vedere – Avere compassione - Farsi vicino –
Fasciare le ferite - Versare olio e vino – Caricare sulla propria giumenta –
Portare in una locanda - Prendersi cura - Estrarre denari
Con questi undici verbi don Tonino Bello, declina l’Amore. Un vocabolo quanto mai arduo anche solo da pronunciare.
Undici passi o gradini, che dir si voglia, tutti fondamentali se vogliamo scalare la Santa Montagna del Calvario, e risorgere a Vita Nuova in questa Santa Pasqua.
E siccome va fatto saggiamente, un passo alla volta, spetta a noi scegliere da quale partire, su quale porre attenzione e comprendere quale manca.
Ci direbbe ancora don Tonino Bello che, avere viscere di misericordia, significa essere il Samaritano dell’ora prima.

“Perché se quel Samaritano fosse arrivato su quella strada per tempo, probabilmente l’aggressione non sarebbe mai stata compiuta. E’ la grande via della prevenzione. Non basta cioè ‘fasciare le ferite’ (Samaritano dell’ora giusta), non basta neanche preoccuparsi della fase seguente al dramma subito, ‘accompagnare alla locanda e donare denaro’ (Samaritano dell’ora dopo). Bisogna andare alle radici dei mali e non essere costretti solo a tamponare.

Vi auguro d’imparare a vedere con l’occhio dell’Adamo ferito sino al punto di diventare un tutt’uno con lui, sino ad averne lo stesso e unico sguardo (come si evince artisticamente dallo stesso logo). “Che il loro grido diventi il nostro” (Papa Francesco).

Auguri, don Salvatore
20/03/2016

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