TMLand : FOTO del GIORNO
da dall'Unità:
L'ultima foto di Luigi Ghirri e un riparo dalla tempesta
Riceviamo da Mario Palmisano
di di Stefania Scateni

Ora si chiama Fino all'inizio del mondo e segna la «fine» del lavoro di Luigi Ghirri.
È l'ultima fotografia che ha scattato prima di morire improvvisamente nel '92, per un infarto, all'età di 49 anni.
Quella foto sarà esposta da domani al Festival Fotografia Europea di Reggio Emilia. Per l'occasione, Paola, la vedova di Ghirri, ha chiesto un testo allo scrittore Beppe Sebaste. È stato lui a dare un nome all'ultima foto di Ghirri.
Scattata nella campagna di Roncocesi, dove viveva Ghirri e dove vive tuttora Paola.
Ne è nata un'installazione ospitata dall'ex sinagoga di Reggio Emilia che verrà inaugurata domani.
«È una foto carica di molti significati, tra i quali anche quello legato al tema del festival, l'eternità», spiega Paola Borgonzoni Ghirri, che dal '92 si occupa della miniera di immagini lasciate dal marito.
«È sicuramente la chiusura di una riflessione sul paesaggio che durava già da molti anni. E volevo che fosse vista in una dimensione intima, poco spettacolare.
Ho pensato anche che questa immagine non poteva rimanere appesa lì da sola, ci voleva un testo».
Testo e immagine sono così divenute un tutt'uno, «e il titolo, Fino all'inizio del mondo, si specchia nel gusto di ribaltare le cose che aveva Luigi. La sua eternità era l'idea della circolarità del tempo, la fine è anche un inizio...».
I paesaggi, Versailles, il mare, la casa di Morandi, i mercatini napoletani, le ultime nebbie emiliane fotografati in una istintiva sintonia con le leggi della sezione aurea, sembrano stare tutti nel lampo dell'istante che resiste tra passato e futuro. L'eternità è forse questo, quello che i giapponesi chiamano occuparsi del mondo fluttuante, cioè ciò che non permane, cambia, nasce, muore e rinasce...
«E c'è tanta luce - commenta Paola - la luce interiore e quella vera». Con la luce lavorava e litigava Ghirri, ed è sostanzialmente luce quella che ha lasciato alla moglie Paola, una cascata di luce che ha dovuto gestire dopo la sua morte.
«Lui stesso è stato un esempio luminoso, un maestro per molti e anche per me. Perché era ciò che faceva, non ha barato, la fotografia era la sua lingua. Trovarmi da sola di fronte alle sue fotografie è stato doloroso. Abbiamo vissuto e lavorato insieme dal '75 alla sua morte, la nostra era una comune avventura del pensiero e dello sguardo. In 18 anni siamo stati separati fisicamente solo 43 giorni...».
UN ARCHIVIO IMMENSO
C'è ancora molto che non conosciamo del lavoro di Luigi Ghirri, eppure tanto lavoro è stato fatto con il materiale che ha lasciato. Esiste un archivio immenso: «190mila originali diapositive e negativi e un lungo percorso di catalogamento.
Con l'aiuto degli amici ho realizzato molti progetti - libri e mostre, fino all'approdo a New York. Lui ha lasciato un ordine-disordine che va rispettato. Non bisogna ordinare né etichettare troppo.
Non avrebbe voluto. Il suo disordine ha una forza intrinseca, sai che prima o poi spunterà una foto che metterà in discussione la catalogazione fatta fino a quel momento.
L'archivio non vuole che sia messo in ordine, Luigi non vuole». L'archivio verrà aperto al pubblico. «Va ancora risolto del tutto il problema della conservazione - puntualizza Paola - soprattutto per il lavoro degli anni 70, quello più vecchio e quello più legato a una ricerca concettuale.
E chiunque si metterà a lavorare in futuro dovrà fare i conti con Luigi. Ancora oggi lo faccio anch'io».
Luigi Ghirri aveva un gruppo di amici con cui amava parlare, lavorare, bere, mangiare e cantare. Si ricordano i progetti realizzati insieme a Gianni Celati, il sodalizio con i «narratori delle pianure», tra i quali citiamo Daniele Benati, Giorgio Messori e lo stesso Sebaste.
Dall'amore condiviso con Paola e gli amici per Dylan, tra l'altro, nacque il progetto di un libro, I dylaniati (termine coniato da Ghirri), che non vide mai la luce ma che comunque venne recensito sul Corriere da Fernanda Pivano.
Ora Paola vede in prospettiva la possibilità di raccogliere altre anime vagabonde. «Ci sono giovani che vengono qui e mi chiedono di raccontare la nostra storia, sono ragazzi che cercano qualcosa oltre al totale disincanto in cui vivono (e pensare che noi eravamo incantati perenni), che hanno bisogno di coraggio. Dico loro che se anche il mondo è andato a rovescio, come dice Dylan, qualcosa può ancora cambiare. Credo che sia arrivato il momento di scrivere sulla porta di casa, come desiderava Luigi, "Shelter from the storm" - ancora Dylan. Voleva che il mondo trovasse un riparo». ROMA sscateni@unita.it

29 aprile 2009 pubblicato nell'edizione Nazionale (pagina 38) nella sezione "Culture"
10/11/2011

Creative Commons LicenseTutti i contenuti di TMLand sono pubblicati secondo la licenza di utilizzo di Creative Commons, salvo diverse indicazioni. L'Ass. di Promozione Sociale METROPOLIS, e nelle persone di moderatori e tecnici Web, non si assumono alcuna responsabilità per le email inviate nella mailing. Sono esclusi da ogni responsabilità riguardo a contenuti, errori, materiale, immagini a eventuale marchio registrato e da eventuali protezioni di brevetti d'invenzione.